La tenerezza, la commozione, lo scandalo

Angelo Verdini

Laboratori di storytelling

 

Docente d’aula: Marina Catena, Gioia Menotti, Roberta Palleri, Silvia Priori, Laura Violini, Agnese Fioranelli

I.C. “G. Binotti” Pergola classi 5°, scuola primaria di Serra Sant’abbondio e 1°, scuola secondaria di 1° grado di Frontone

 

 

 

Una narrazione presuppone sempre l’esistenza di un narrante, che può costruirla per descrizione, per immaginazione, per invenzione. In questo caso il narrante è cooperativo, una classe intera (quando si inizia è una classe quinta di scuola primaria…, quando si termina è una classe prima di scuola secondaria di primo grado…). Duran- te la discussione, il soggetto si assesta su due protagonisti molto prevedibili e consueti, un bambino e un piccolo cane. Qui le trame prolificano a getto continuo, c’è un piacere nella rincorsa, difficile ricondurre il tutto ad una unitarietà trattandosi di una spontaneità liberata che scaturisce veloce e irregolare. Solo dopo un serrato confronto prendono corpo tre cornici, tre sfondi in cui collocare in maniera ragionevolmente appropriata le trame che via via prendevano forma. Una strada portava alla Tenerezza. “Il bambino e un piccolo randagio si incontrano. Bambino e cagnolino accelerano l’andatura, sul punto di incontrarsi il bambino si accovaccia. Il cagnolino gli salta tra le mani. Lui lo abbraccia, se lo stringe al petto e se lo porta a casa.” Una seconda strada portava alla Commozione. “Il bambino scalcia e si divincola, il cane lascia la presa, sangue abbondante esce dai buchi che i denti hanno fatto sulla carne. Final- mente il bambino viene trasportato in ospedale da una ambulanza a sirene spiegate. I medici scoprono che il cane aveva la rabbia e che aveva trasmesso la malattia al bambino, che dopo qualche giorno muore tra atroci sofferenze.” C’è posto anche per una terza strada, quella dello Scandalo. “Accecato dall’ira lo catturò con le mani e in un impeto di risentimento selvaggio, gli sferrò un morso all’altezza della zampa sinistra davanti. Poi lo lasciò andare, ma la zampetta gli era rimasta in bocca. Con un po’ di schifo se la tolse e la gettò in mezzo a una siepe. Non raccontò niente a casa di quanto gli era successo.” 

Non è stato sempre facile sfuggire all’omologazione, oltrepassa- re i confini per contaminarsi, capire che raccontare storie è anche raccontarsi, scendere dall’arroccamento senza diventare conformisti. E ciò vale sia per la narrabilità, sia per il lessico. Nel rispetto delle esperienze pregresse e della gradualità il percorso è proseguito con un reportage grafico dal centro del cervello, riprodotto in una maschera da mettere davanti al volto. Tante sono le sollecitazioni ricevute e tante sono le immagini che emergono dalla ricognizione. L’abbondanza dei soggetti scompagina la disciplina appena faticosamente conquistata: la ricorrenza della pace, lo straripamento dei cuori, la rassicurazione della famiglia e del- le amicizie, un vasto repertorio di ragni, la morte, tanti animali domestici, accenni di consapevolezza ambientale. Di certo è pre- sente la disponibilità a munirsi di un argine etico, di una barriera difensiva verso pensieri crudeli o incomprensibili. È d’obbligo una riflessione adulta riguardante insegnanti, pedagogisti, esper- ti, formatori: il bisogno più evidente non è quello di accrescere quanto quello di sottrarre; serve favorire la gemmazione e la fio- ritura di una pratica per fissare i fondamentali, attorno ai quali intrecciare e ricamare.

Dopo l’estate, ripetitiva e dispersiva, la classe da Serra Sant’Abbondio si ritrova in “prima media” nella scuola consorziata di Frontone (con un’alunna in più). È ora di fare il salto, di produrre qualcosa con lo smartphone. Per chi non possiede lo smartphone (e sono tre, che aspettano la Cresima), scatta l’aiuto dei compagni. Ci si accorge ben presto che non si tratta di fare riprese casuali sul mondo di fuori, ma che serve una successione ordinata di azioni, coerente con l’intenzione comunicativa dell’autore, che vuole far ridere, che vuole far piangere o vuole fare indignare. Uno strumento molto adatto è quello della sceneggiatura. Qui la tensione cognitiva si fa acuta, si impone l’urgenza autoriale, nel rivedersi c’è addirittura silenzio, e tanti scoppi di risa. È così che nascono i micrometraggi, i nostri cortissimi. Una scoperta utile per il futuro della scuola è che accanto all’apprendimento a raso, si possa apprendere anche per turbamento e per fulminazione.